di Nicoletta Parisi, Dino G. Rinoldi, Marta Venturelli
Oggi la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (P.A.) si presenta come una delle grandi sfide dei prossimi anni per l’Italia: si tratta di una delle più importanti riforme trainanti della modernizzazione e del potenziamento del sistema-Paese, da realizzare anche tramite una P.A. dal funzionamento semplice e al passo con le innovazioni informatiche, così da contribuire a offrire servizi migliori a persone e imprese, nonché a rendere il settore produttivo nazionale più competitivo. L’approfondimento si propone di fare il punto sulla avvenuta digitalizzazione in quel comparto dell’attività della P.A. che si traduce in investimenti pubblici. Sono al proposito prese criticamente in considerazioni due aspetti. Da una parte ci si è interrogati sulle modalità grazie alle quali il mercato dei contratti pubblici italiani è stato digitalizzato dal 1° gennaio 2024; sui vantaggi conseguenti, ma anche sulle sfide e sui rischi di tale intervento, alla luce della capacità della P.A. italiana di assorbire il radicale cambiamento tecnologico. Da un’altra parte si è valutato se la digitalizzazione abbia determinato una maggior trasparenza a vantaggio del cittadino che voglia “conoscere per deliberare” e come la società civile abbia reagito a questo cambiamento.
In una recente sentenza (n. 7496/2024), il Consiglio di Stato ha chiarito la normativa applicabile agli appalti finanziati con fondi del PNRR, emessi dopo il 1° luglio 2023. A questo tipo di gara si applica il “vecchio” Codice dei contratti pubblici.
La questione nasce da un ricorso riguardante l’annullamento di un appalto integrato, inizialmente risolto dal TAR Lazio sulla base delle disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023).
Il Consiglio di Stato ha però ribaltato questa decisione, confermando che agli appalti finanziati con fondi PNRR continuano ad applicare le norme del precedente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016). La sentenza ribadisce che il d.l. 77/2021, che regola tali appalti, rinvia espressamente al vecchio Codice, in linea con quanto già affermato dal TAR Campania in una sentenza del 2023.
Quindi, nonostante l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, gli appalti finanziati con risorse del PNRR, del Piano Nazionale Complementare o con fondi strutturali dell’Unione Europea restano soggetti alle norme del d.l. 77/2021 e del d.lgs. 50/2016.
L’interpretazione del Consiglio di Stato chiarisce così le incertezze normative legate alla fase di transizione tra il vecchio e il nuovo Codice, confermando che il principio del “rinvio statico” vincola gli appalti PNRR alle norme precedenti.
Questa decisione garantisce certezza giuridica e continuità per la gestione degli appalti pubblici, anche alla luce delle indicazioni fornite dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nella circolare del luglio 2023, che aveva chiarito la specialità delle norme.
Il Codacons ha segnalato alla Corte dei Conti e all’Autorità Anticorruzione i comuni di Civitavecchia e Ladispoli per presunte irregolarità nella gestione dei fondi del Pnrr. L’associazione, che aveva chiesto a 40 comuni italiani l’accesso agli atti relativi all’utilizzo dei fondi, denuncia ritardi, scarsa trasparenza e un’erronea gestione.
In particolare, Ladispoli non ha fornito la documentazione richiesta, mentre a Civitavecchia molti documenti pubblicati non risultano reperibili sul sito del Comune. Il Codacons ha quindi chiesto alle autorità competenti, la Corte dei Conti, ANAC e al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di avviare controlli e indagini e di sanzionare eventuali illeciti a danno della collettività.
La spesa del PNRR resta ferma. Secondo quanto riportato dall’Ufficio parlamentare di bilancio nell’audizione sul Piano strutturale di bilancio, consultando la piattaforma di monitoraggio ReGiS, l’Italia avrebbe dovuto spendere nel 2024 43,96 miliardi, ma al momento solo 8,93 miliardi (circa il 20%) sono stati utilizzati.
Parte di questo ritardo potrebbe essere attribuita a difficoltà ancora presenti con la piattaforma ReGiS, in quanto alcune spese potrebbero non essere state ancora registrate. La complessità della piattaforma rallenta certamente la rendicontazione di esse. Ma la differenza tra dato previsto e dato effettivo è comunque enorme e questa ipotesi non può di per sé risolvere il dubbio circa l’effettiva capacità di spesa di tali fondi.
Il principale ostacolo è che i prestiti del Next Generation EU influiscono sul deficit. Una concentrazione della spesa nel 2025 rischierebbe di aumentare l’indebitamento netto, limitando la possibilità di interventi su altre voci di bilancio. Il Ministro dell’Economia, Giorgetti, ha quindi esortato il Consiglio dei Ministri ad accelerare il processo di spesa, per evitare questo scenario e garantire che le risorse vengano utilizzate in modo efficace e nei tempi previsti, ma le sue sollecitazioni hanno sortito scarsi risultati.
I fondi del PNRR sono preziosi per interventi cruciali, eppure tutte le missioni risultano in ritardo. La missione per la transizione verde si attesta al 10,6%, quella per inclusione e coesione al 14,1%, mentre digitalizzazione e Pubblica Amministrazione al 14,8%. Il Repowe-EU è addirittura allo 0%. Anche le missioni con i migliori risultati, come istruzione e ricerca (35,5%) e infrastrutture (33,6%), mostrano ampi margini di miglioramento, dimostrando che il percorso per raggiungere gli obiettivi del PNRR è lontano dall’essere completato. In una soluzione intermedia si trova, infine, la salute (al 22,3%).
È essenziale accelerare.
Tuttavia, dal nostro punto di vista la questione centrale non è solo la spesa in sé, ma l’efficacia con cui queste risorse vengono impiegate per raggiungere concretamente i targets e le milestones del PNRR. Occorrerebbe incominciare a ragionare sull’impatto che i primi progetti e le prime riforme avviate stanno avendo sul sistema-Paese.
La normativa assegna un’imperioso obbligo alle pubbliche amministrazioni: rendere le informazioni sull’attività amministrativa immediatamente accessibili e fruibili alla cittadinanza. È il decreto legislativo del 14 marzo 2013, n. 33, recante “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, a definire tale dovere.
Ma la pubblica amministrazione è in grado di rendere realmente accessibili e fruibili i dati, gli atti e le informazioni in suo possesso?
Il cittadino è posto nella reale condizione di conoscere l’azione della pubblica amministrazione e valutarne l’operato, per esercitare il controllo sociale diffuso che la normativa gli assegna?
LIBenter si è impegnata, già dal 2021, per contribuire a dotare la nostra comunità nazionale di strumenti conoscitivi e concreti per concorrere a quel ruolo di “controllo diffuso” che la stessa normativa di trasparenza del 2013 le assegna, con ciò dando il proprio apporto alla miglior esecuzione dei progetti contenuti nel PNRR.
Con la creazione, poi, nel 2023, della Piattaforma digitale di monitoraggio, nella quale sono stati trasposti gli indicatori di monitoraggio individuati dall’equipe scientifica di LIBenter per valutare lo stato di attuazione dei progetti di investimento del Piano e la capacità amministrativa dei soggetti attuatori, si è cercato inoltre di rendere più lineare, immediato e a misura di cittadino il processo di monitoraggio “civico” del PNRR.
L’attività di monitoraggio svolta fino ad oggi da cittadini e analisti volta a conoscere lo stato di trasparenza e di attuazione dei progetti PNRR del proprio territorio, è confluita in una mappa interattiva, in cui LIBenter dà conto di tutti i monitoraggi effettuati o in corso di realizzazione da cittadini monitoranti, nel corso dell’anno 2023 e del 2024.
La mappa contiene informazioni di sintesi sui progetti monitorati, le quali possono essere visualizzate per ciascun progetto singolarmente, cliccando sull’icona del segnaposto corrispondente. Il segnaposto relativo a ciascun monitoraggio è stato posizionato nella mappa nel luogo specifico di realizzazione del progetto, e non presso la sede del Soggetto attuatore dell’intervento.
È possibile, dunque, verificare:
La Missione, la Componente e l’Investimento di cui il progetto fa parte;
La localizzazione (luogo di svolgimento del progetto);
L’oggetto;
Il CUP;
La quota di finanziamento PNRR ad esso destinata;
Link a OpenPNRR(ove presente): nel quale è possibile reperire informazioni circa il Soggetto attuatore dell’intervento, l’Amministrazione centrale titolare, e verificare lo stato di avanzamento del progetto.
Inoltre, il segnaposto inserito per localizzare il progetto, contiene l’indicazione della Missione di riferimento:
La mappa viene costantemente aggiornata con i progetti per i quali viene avviata una analisi.
Tale mappa interattiva si aggiunge al kit di strumenti, realizzato da LIBenter, utile ad accompagnare il cittadino nelle attività di monitoraggio, poiché consente ai cittadini interessati ad avviare un progetto di monitoraggio di verificare se nel proprio territorio sono già presenti iniziative attive.
La cartina dei progetti monitorati si pone, dunque, anche come strumento di interconnessione, creazione di nuovi rapporti e occasione di scambio di buone pratiche tra membri della stessa comunità interessati a vigilare sull’attività amministrativa che li governa; fungendo, insieme a tutti gli altri strumenti predisposti da LIBenter, da compendio di riferimento per chiunque intenda confrontarsi rispetto al tema del PNRR e della sua monitorabilità nel dettaglio dei suoi progetti.
É stato depositato in Senato un disegno di legge che propone l’istituzione di una Commissione parlamentare con il compito di monitorare, vigilare e controllare l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano Nazionale degli Investimenti Complementari (PNC).
Secondo il disegno di legge la Commissione parlamentare avrà il compito di monitorare l’attuazione del PNRR e del PNC, con particolare attenzione al rispetto delle tappe (milestones) e degli obiettivi (targets) previsti dall’Unione europea e di formulare osservazioni, proposte e suggerimenti sugli effetti e sull’attuazione dei due Piani, tenendo conto delle normative europee e delle esigenze nazionali. La Commissione avrà inoltre il compito di garantire che tutte le fasi di attuazione del PNRR siano trasparenti e conformi agli obiettivi stabiliti e di monitorare l’uso delle risorse economiche assegnate per assicurare che siano utilizzate correttamente, in modo da evitare ritardi e inefficienze nella realizzazione dei progetti.
La Commissione avrà la possibilità di convocare rappresentanti di istituzioni, categorie produttive e professionisti coinvolti nei progetti e potrà effettuare visite nei luoghi dove vengono realizzati i progetti per verificarne l’effettivo avanzamento. In aggiunta, potrà richiedere documenti e dati sia al Governo che alle amministrazioni locali e regionali e potrà collaborare con la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato per la verifica di aspetti di legittimità e di regolarità contabile.
Il disegno di legge sottolinea che nei primi tre anni di attuazione del PNRR l’Italia ha già affrontato diverse difficoltà, come il mancato rispetto di alcune scadenze e la necessità di rivedere alcuni progetti. Una delle maggiori preoccupazioni riguarda il rischio che le risorse destinate al Mezzogiorno (40% del totale) non siano adeguatamente impiegate, poichè ci sono dubbi sulla capacità di rispettare questo vincolo e di garantire una distribuzione equa dei fondi. Viene evidenziato inoltre che il Governo ha spostato la maggior parte delle spese per il PNRR verso gli ultimi anni di attuazione del Piano stesso, con il picco previsto tra il 2024 e il 2025, il che potrebbe creare congestione e difficoltà nel completamento alcuni dei progetti entro il termine fissato al 30 giugno 2026.
Il disegno di legge mira a garantire che l’attuazione del PNRR e del PNC sia trasparente, efficace e in linea con gli obiettivi europei, rafforzando il ruolo del Parlamento – che nell’attuale governance risulta essere piuttosto marginale – nel controllo dell’uso di risorse pubbliche fondamentali per il futuro del Paese.
LIBenter si associa ad Osservatorio civico PNRR, Dati Bene Comune e Fondazione Openpolis, i quali sono costretti ancora una volta a fare richiesta al Governo di accesso agli atti al governo (Foia), per chiedere trasparenza sullo stato di avanzamento effettivo del PNRR. Si tratta della quinta istanza di accesso civico da quando è stato avviato il Piano.
Nonostante alcuni progressi nei mesi scorsi, a oggi non è ancora possibile conoscere nel dettaglio il livello della spesa a oggi sostenuta, rendendo impossibile per i cittadini e per gli esperti valutare l’effettivo grado di realizzazione delle opere previste.
Secondo le ultime informazioni disponibili, solo il 26% dei finanziamenti assegnati all’Italia è stato speso, per un ammontare di 51,4 miliardi di euro.
In aprile, il ministero dell’Economia e delle finanze tramite la Ragioneria generale dello Stato, aveva assicurato che i dati sarebbero stati pubblicati entro luglio, ma i rilasci recenti mostrano solo l’avanzamento della spesa per le misure del Piano, ma non per i singoli progetti. Questo indica che i dati dettagliati sono in possesso dell’Esecutivo, ma non vengono resi pubblici: è difficile non chiedersi per quale motivo ciò accada, probabilmente per cercare di minimizzare le criticità ancora presenti in un momento politico complesso.
Questa mancanza di trasparenza è inaccettabile, stante quanto assicura l’art. 1 del Codice della trasparenza (d.lgs. n.33/2013).
Si è appena concluso il secondo workshop del progetto Erasmus+ INTO BE svoltosi presso la sede milanese di Fondazione Etica. Il progetto europeo che Fondazione Etica si è aggiudicata, insieme alla Direzione della Sicurezza Interna del Ministero degli Interni della Bulgaria e la Direzione Generale Anticorruzione del Ministero degli Interni della Romania, ha lo scopo di sviluppare una metodologia comune ai tre paesi di valutazione della trasparenza e dell’integrità pubblica, oltre che del framework di prevenzione della corruzione.
Al workshop, hanno preso parte anche alcuni esperti di monitoraggio di LIBenter.
Durante questi giorni, abbiamo collaborato alla messa a punto di una prima bozza della metodologia, dopo esserci scambiati le prospettive proprie di ciascuna parte. E’ stato un incontro stimolante, che ci ha dato degli spunti interessanti per i prossimi step del progetto.
Secondo le ultime informazioni disponibili, il nostro paese ha speso solo il 26% dei fondi assegnati, nonostante ci stiamo avvicinando alla fase finale del piano.
Negli ultimi mesi il governo Meloni ha annunciato con entusiasmo il primato del paese in relazione al PNRR. Tuttavia, un’analisi dei dati disponibili mette in luce che le sfide nella realizzazione del piano italiano sono ancora lontane dall’essere superate.
Al 30 giugno 2024, la spesa sostenuta ha raggiunto i 51,4 miliardi di euro, ma, il 56% delle scadenze previste per la realizzazione del piano deve ancora essere completato. Questi numeri indicano chiaramente che il grosso del lavoro è ancora da svolgere, sollevando preoccupazioni sulla tempistica e sull’efficacia dell’attuazione del PNRR nel raggiungere gli obiettivi prefissati.
Ogni progetto si divide in due fasi principali, quella procedurale e quella esecutiva. Mentre i primi aspetti sono più facili da monitorare grazie alla documentazione obbligatoria delle pubbliche amministrazioni, la realizzazione concreta degli interventi richiede un attento esame delle erogazioni effettuate alle ditte appaltatrici.
Per monitorare l’avanzamento dell’opera, gestire i flussi finanziari e assicurare la conformità dei lavori rispetto ai termini contratturali è fondamentale un documento chiamato Sal (stato di avanzamento dei lavori), redatto dalle ditte che certificano i progressi fatti.
Attualmente, mancano informazioni dettagliate sulla spesa per singolo progetto, ma sono stati pubblicati i dati relativi alla spesa aggregata per ogni misura del piano.
Dai dati che si basano su quanto dichiarato dalle stesse amministrazioni, le misure più finanziate includono il Superbonus, (~14 miliardi),il credito d’imposta per beni strumentali 4.0 (8,9 miliardi) e la realizzazione delle linee ferroviarie ad alta velocità per il collegamento con il nord Europa (2,4 miliardi).
Tuttavia, ci sono soltanto altre 10 misure per cui le erogazioni già sostenute risultano essere superiori al 50% per un totale di circa 5 miliardi di euro erogati a fronte di un importo stanziato di 8,9 miliardi. Ci sono 7 misure per cui la percentuale di fondi ancora da spendere è tra il 25% e il 50%. Invece, 29 misure rientrano nella fascia tra il 50% e il 75% delle risorse assegnate ancora da erogare.
La maggior parte delle misure, ad eccezione di quelle nuove, introdotte con la revisione del PNRR avvenuta tra il 2023 e il 2024, si colloca nella fascia del 75%-100% dei fondi ancora da spendere, con 50 di esse ferme tra lo 0% e l’1%. Con un ritmo attuale di spesa di circa 1,5 miliardi al mese, esperti ed accademici avvertono che l’Italia potrebbe non essere in grado di utilizzare tutti i fondi entro il termine del 2026, con il rischio concreto di perdere parte delle risorse
Nella sua ultima relazione semestrale, quella relativa al primo semestre del 2023, la Direzione Investigativa Antimafia (Dia) introduce un concetto innovativo, che riguarda un passaggio evolutivo di tipo culturale. Si parla di “matrici mafiose” piuttosto che di singole organizzazioni legate a specifici territori.
Questo cambiamento lessicale riflette una nuova visione criminologica, che considera le mafie come fenomeni nazionali, anziché limitarsi alle tradizionali associazioni siciliane, calabresi, pugliesi o campane.
Infatti, nel capitolo delle matrici mafiose, si cita “analisi del fenomeno criminale della ‘ndrangheta,”, senza contesualizzarlo specificamente in Calabria. Uscendo dalla logica etnica, si entra in una visione deterritoralizzata, di insieme, si studia il fenomeno mafioso come un’espressione di carattere nazionale. La ‘ndrangheta è ora ricononosciuta come un’organizzazione criminale in grado di agire in diversi contesti, evocando il legale con regioni come Piemonte, Liguria, Lombardia e Veneto.
Non vengono analizzate solo le storiche organizzazioni mafiose, ma anche consorterie locali come il clan dei Casamonica, Spada e Di Silvio. Inoltre, la Dia suggerisce di ampliare l’analisi delle mafie straniere, includendo altre due matrici: quella Shqiptare-albanese e i Cult nigeriani.
Un approccio globale e meno centralizzato potrebbe segnare un passo avanti nel contrasto al fenomeno mafioso, auspicando modifiche giuridiche e legislative in linea con queste nuove dinamiche.
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