In questi giorni, su La Repubblica, abbiamo letto un’interessante riflessione, dal titolo “Un oggetto misterioso chiamato PNRR”, che riportava alcune considerazioni sulla percezione del Piano Nazionale da parte dei cittadini, soprattutto in merito ai timori circa possibili infiltrazioni mafiose nell’esecuzione dei progetti in fase di realizzazione.
Significativa la chiusura di questo articolo: “è necessario che si sviluppi in primo luogo una cultura del dato, in cui trasparenza e accesso siano visti non come adempimenti formali, ma come strumenti preventivi contro le mafie e la corruzione”.
Ed è proprio questa la strada che stiamo percorrendo con LIBenter, attraverso la raccolta delle prime adesioni alla piattaforma informatica, nelle scorse settimane, e l’ulteriore perfezionamento del processo di valutazione: la complessa (ma non complicata) griglia di indicatori deve infatti condurre, il più agevolmente possibile, il cittadino monitorante nei meandri della documentazione pubblicata, in maniera più o meno chiara, sui siti dell’Ente di riferimento, aiutarlo ad approfondire le potenziali implicazioni di informazioni più o meno complete e guidarlo in percorsi di valutazione che, al netto di talune considerazioni aperte finali, devono necessariamente essere omogenei e comparabili.
Trasparenza e integrità non possono essere il fine: devono costituire il presupposto e lo strumento delle fasi di progettazione ed esecuzione. E la sensibilità sul tema e i timori sotto diversi punti di vista, come abbiamo letto, sono diffusi e, infatti, sono diversi i movimenti che si stanno consolidando sul territorio nazionale.
La società civile, che manifesta compatta la volontà di valorizzare le risorse provenienti da questo intervento straordinario, potrebbe proprio essere la spinta che manca (o così pare) all’attuale Governo?
Lo slancio di responsabilità individuale avrà la forza di divenire responsabilità collettiva?
LIBenter lavora anche per questo.
Camilla Turelli