Le condizionalità europee

Le “condizionalità” europee

Il sistema di erogazione dei fondi è sottoposto a un meccanismo di condizionalità da parte dell’Unione europea che ha una funzione preventiva. Per dirla in modo più semplice: l’Unione finanzia il PNRR a patto che le risorse impegnate siano utilizzate in modo trasparente, efficiente, responsabile e virtuoso.

In concreto, il sistema di controllo finanziario, che l’Unione ha disposto con il Regolamento (UE) 2021/241, prevede che l’erogazione delle risorse sarà vincolata allo stato di avanzamento del progetto e a una verifica dell’efficacia dell’azione finanziata.
Se qualcosa non dovesse tornare, è concretamente previsto un freno ai fondi e persino la loro restituzione se già spesi.

Non possiamo permettere che si investano le risorse del PNRR in progetti inutili per il Paese, o che finiscano persino nelle mani di corrotti, corruttori e clan, per come già alcuni allarmi hanno già fatto intendere (raccontati nel Rapporto di Libera, La tempesta perfetta Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia).
Non possiamo neanche permettere che si attivi quel giusto “freno” previsto dall’Unione europea.

LIBenter è un presidio necessario a garantire il buon utilizzo di queste risorse, prima ancora che intervenga il sistema dei controlli dell’Unione europea, ossia quando il danno sarebbe compiuto.
Occorre insomma un sistema di controlli che sia interno al nostro Paese e che corredi il Piano accompagnando la sua “governance” pubblica, che preveda tanto il ruolo delle istituzioni quanto quello della società civile impegnata nel controllo diffuso.

Il Piano di ciascuno Stato membro è ancorato a severi criteri di utilizzo delle risorse finanziarie.

Innanzitutto, la Commissione europea ha predisposto criteri stringenti circa la fase di preparazione e stesura dei Piani nazionali, contenuti nelle linee guida emanate il 17 settembre 2020 (poi aggiornate il 22 gennaio 2021).

L’Unione europea ha, poi, individuato degli obiettivi strategici, tramite il Programma della Commissione per il 2021: COM(2020) 690 final; nonché il Piano per la ripresa dell’Europa, del 18 dicembre 2020. Agli Stati europei è stato chiesto di programmare i progetti dei propri Piani affinché questi siano volti al raggiungimento di tali obbiettivi.

Le sopra menzionate linee guida della Commissione europea hanno individuato un impianto piuttosto rigido di descrizione dei progetti: ciascuno di essi è stato presentato sulla base di una “scheda progetto” che richiedeva di definire gli obiettivi, le riforme, gli investimenti, il monitoraggio, le tempistiche, le azioni correttive. Il Piano nazionale (contenente tutti questi progetti) è stato poi accompagnato da un Executive Summary (suddiviso in sezioni che devono indicare dati statistici, valutazioni di impatto, l’effetto atteso dal singolo progetto, gli aspetti di criticità e le corrispondenti misure per farvi fronte, tempi certi di realizzazione, ecc.).

I progetti nazionali hanno dovuto rispettare la ripartizione dell’allocazione delle risorse entro tre pilastri di intervento (definiti dal Consiglio europeo il 21 luglio 2020):

  • nel primo pilastro sono contenute le azioni nazionali indirizzate a recuperare il terreno perduto in campo economico-sociale a motivo della pandemia; sono implicati i seguenti programmi europei: Recovery and Resilience Facility (RRF- 672,5 miliardi di cui 312,5 sussidi e 360 prestiti); REACT-EU, che dispone di 47,5 miliardi; Rural Development, che dispone di 7,5 miliardi; Just Transition Fund, che dispone di 10 miliardi;
  • nel secondo pilastro è stato possibile includere le azioni indirizzate all’economia nazionale e a sostenere gli investimenti privati; è implicato il programma InvestEU rafforzato (5,6 miliardi);
  • nel terzo pilastro insistono gli interventi funzionali a contrastare l’insorgenza e la gestione delle crisi sanitarie; i programmi UE implicati sono: RescEU rafforzato (1,9 miliardi); Horizon Europe (5 miliardi).

Sempre nella direzione di circoscrivere la discrezionalità di ciascuno Stato membro è stato adottato il menzionato regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza”: esso contiene una serie di misure e di indicatori che dovrebbero proprio servire a valutare e monitorare i progetti italiani, come quelli di tutti gli altri Paesi. Più nello specifico, il regolamento ricorda i “sei pilastri” in cui devono ricadere i progetti nazionali, vale a dire: transizione verde; trasformazione digitale; crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani.

Il regolamento chiarisce che la Commissione europea valuterà la pertinenza, l’efficacia, l’efficienza e la coerenza dei PNRR nazionali, sulla base dell’elenco di criteri stabiliti nel regolamento stesso (art. 19 comma 3 e Allegato V). Tra questi, i criteri relativi alle raccomandazioni specifiche per Paese, al rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza economica, sociale e istituzionale, e che contribuiscono all’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, assegnano un punteggio più alto nella valutazione. Anche l’effettivo contributo alle transizioni verde e digitale rappresenta una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva.

Inoltre, la Commissione europea monitora costantemente l’attuazione dei Piani nazionali, misurando il raggiungimento degli obiettivi previsti in modo mirato e proporzionato. Salvo gli ambiti della transizione ambientale e di quella digitale, tutto ciò avviene sulla base non tanto di indicatori scientifici e sintetici quanto piuttosto di “orientamenti”.