PNRR – Cambia il sistema di governance del Piano

Nel pomeriggio del 24 febbraio scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, discusso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed approvato il 16 febbraio 2023, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l’attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune”.

Il decreto incide su tre grandi ambiti relativi all’attuazione delle misure contenute nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano: introduce anzitutto modifiche sostanziali al sistema della sua governance, rispetto alle strutture di missione e ai meccanismi di gestione e controllo del PNRR e del Piano nazionale degli investimenti complementari (PNC); dispone in tema di rafforzamento della capacità amministrativa dei soggetti attuatori; interviene infine nell’ambito delle politiche di coesione.

Della sola governance ci si occupa in questa NEWS, seppure con qualche considerazione relativamente agli intrecci fra questo tema e quello della capacità amministrativa della P.A. italiana.

Il decreto incide in maniera sostanziale sulla disciplina prevista dal decreto-legge n. 77 del 2021 (c.d. decreto semplificazioni-bis o decreto PNRR, convertito in legge n. 108/2021), innanzitutto, istituendo una nuova “Struttura di missione PNRR” presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale è preposto un coordinatore che svolgerà anche i compiti precedentemente affidati alla “Segreteria tecnica” nel supporto delle attività della “Cabina di regia”. La “Struttura di missione” istituita presso la PCM si occuperà pure delle attività di informazione e interlocuzione con la Commissione europea per la verifica della coerenza dei risultati derivanti dall’attuazione del Piano: essa si sostituisce così al Servizio centrale per il PNRR, istituito presso la Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze, fino ad ora focal point dell’Unione europea per il PNRR.

Al nascente organo vengono, inoltre, affidate le funzioni che già erano del “Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale”, che così cessa di esistere. La necessità di assicurare la cooperazione con il partenariato economico, sociale e territoriale sarà, ora, garantita tramite la partecipazione dei membri facenti parte del precedente Tavolo alle sedute della Cabina di regia, se la Presidenza del Consiglio dei ministri li confermerà in toto tramite dpcm (atteso entro sessanta giorni dalla legge di conversione del presente decreto). Tale necessità sarà dunque garantita non più tramite un organismo autonomo, quanto invece in seno a una struttura interna alla Presidenza del Consiglio dei ministri stessa.

La revisione della governance tocca anche la materia dei poteri sostitutivi posti in capo al Presidente del Consiglio, e del superamento del dissenso in caso di inerzia e ritardo (art. 12 d.l. n. 77/2021). In particolare, vengono dimezzati i tempi per procedere in caso di inerzia del soggetto attuatore (prima erano 30 giorni, ora sono 15); inoltre si prevede la possibilità che il commissario possa mettere in atto una pluralità di atti e/o interventi, e non più soltanto un singolo atto, per l’esecuzione dei progetti PNRR e PNC; infine, si estendono al commissario i poteri oggi riconosciuti ai commissari straordinari impegnati nei progetti infrastrutturali.

Dunque, l’intervento normativo rafforza molto il ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri, sia dal punto di vista tecnico che politico: verranno ora accentrati in essa anche i rapporti con l’Unione europea, indebolendo il ruolo del Ministero dell’Economia e delle Finanze che perde la funzione di dialogo con quest’ultima. Questo profondo ridimensionamento del suo ruolo nei fatti accresce una tendenza già emersa con la decisione – all’atto della formazione del nuovo Governo nel mese di ottobre dello scorso anno – di creare un nuovo “Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR” che riunisce sotto di sé le responsabilità per i fondi strutturali e per il PNRR. Sembra evidente a chi scrive che il baricentro decisionale sul PNRR diventa il binomio Presidenza del Consiglio – nuovo Ministero.

Le norme sulla governance hanno un collegamento diretto con il tema della capacità della Pubblica Amministrazione di dare attuazione al PNRR.

E’ convincimento di chi scrive che la questione sia stata sottovalutata e non siano state considerate le conseguenze sull’attuazione del PNRR derivanti delle disfunzioni e inefficienze di cui ora la P.A. italiana è affetta. Tale stato di fatto non è certo la conseguenza di una qualche sua responsabilità. E’ invece il frutto di alcune norme intervenute negli ultimi lustri nonché della loro non corretta applicazione: si registra un suo sottodimensionamento (dovuto anche a lunghi periodi di “blocco” del turn over); occorre valutare gli effetti negativi derivanti da una mancata sua valorizzazione sul piano stipendiale; bisogna tener conto della sua impreparazione alla logica della programmazione, così come pretende l’impiego di risorse pubbliche europee; gioca nella situazione anche il suo invecchiamento (dovuto al richiamato blocco del turnover over) e la naturale scarsa conseguente propensione all’innovazione, anche sul piano della digitalizzazione.

Le disposizioni adottate (per esempio con il d.l.80/2021, convertito nella legge 113/2021) a favore del reclutamento non sono state sufficienti: un neoassunto non è immediatamente in grado di essere all’altezza di una competenza così sofisticata come quella che viene richiesta dall’esecuzione del PNRR. La stessa (prima) Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) adottata dalla Corte dei conti il 2 aprile 2022 mette in rilievo queste criticità (pp. 217-229).

Forse si sarebbe dovuto – in l’occasione dell’adozione di un nuovo decreto legge sulla governance – affrontare il problema in modo più radicale, non sembrando i correttivi introdotti a livello apicale capaci di incidere in modo determinante sulla situazione che si è venuta a determinare in questo quarto semestre di attuazione del PNRR: ciò che emerge in maniera chiara è la criticità relativa alla capacità progettuale e di spesa degli enti attuatori, nei confronti dei quali le iniezioni di competenza offerte dal sistema di assistenza tecnica (accentrato) non stanno dando i frutti sperati.

È possibile che non sia necessaria alcuna riforma normativa della pubblica amministrazione né uno spostamento di caselle circa le competenze dei soggetti apicali in materia di PNRR, bensì un investimento sull’aumento delle competenze in tema di digitalizzazione e sulla miglior organizzazione di essa.

Un’alternativa radicale – di fronte all’indubbia debolezza dell’apparato pubblico locale territoriale – avrebbe potuto essere l’accoglimento di una proposta sostenuta autorevolmente fin dal primo momento in cui si avviò il dibattito politico in materia, ovvero quello di una governance affidata a un’agenzia esterna alla pubblica amministrazione (Fondazione Ugo La Malfa, Next Generation EU Proposta per il piano italiano, Roma, dicembre 2020).

È poi singolare che, nell’affrontare il tema della governance del PNRR, il d.l. non si sia posto il problema del (non ottimale funzionamento) del sistema di monitoraggio e rendicontazione vigente, che alla prova dei fatti presenta qualche grave criticità suscettibile di indebolirne l’efficacia. Occorre infatti considerare il danno che discende dall’aver previsto che l’amministrazione centrale titolare di una misura PNRR sia autorizzata a non usare il sistema ReGiS se dispone già di un proprio dispositivo valutato da essa come adatto alle necessità: questo assetto pregiudica alla radice quella unicità che avrebbe consentito di confrontare i dati che riguardano tutto il Piano nella sua integralità; e ci si chiede se la dispersione di dati in più “luoghi” informatici non rischi di pregiudicare anche, in ultima analisi, una corretta rendicontazione all’Unione. Inoltre, dà da pensare il fatto che, giunti nel pieno del quarto semestre di esecuzione del PNRR, si stiano rilevando gravi inadempienze nell’attività di inserimento dei dati nel sistema ReGiS da parte degli enti attuatori, forse troppo complesso per le competenze digitali della pubblica amministrazione.

Senza contare che si sarebbe dovuta cogliere l’occasione, con l’adozione di questo d.l., di mettere finalmente a disposizione della società civile i dati (già in formato open) pubblicati in questa piattaforma digitale. Il cittadino ancora resta all’oscuro di come si vada dipanando il processo di utilizzo di risorse pubbliche europee (PNRR) e nazionali (PNC) su progetti di investimento che riguardano la qualità della propria vita attuale e di quella delle future generazioni.

Nicoletta Parisi e Marta Venturelli