Obiettivo primario del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza PNRR è contribuire fattivamente al superamento di debolezze strutturali dell’economia italiana e accompagnare il Paese nel percorso di transizione ecologica. Il PNRR rappresenta un’importante occasione di crescita per il Paese ma rischia purtroppo di diventare un altrettanto vasto bacino di attrazione per la criminalità organizzata. L’attuazione di una fattiva mitigazione dei rischi di infiltrazione mafiosa nel Sistema Industriale Nazionale, da sempre oggetto di azioni a largo raggio da parte delle autorità e delle istituzioni preposte, si rende pertanto ancora più necessaria a fronte degli ingenti investimenti previsti, richiedendo una forte azione sinergica dello Stato e degli operatori economici coinvolti.
Categoria: Osservatorio news PNRR
PNRR e territori, un dialogo difficile: il caso Trieste
Prosegue l’ attività di Cittadini Reattivi, nell’ambito dell’Osservatorio news PNRR con il progetto Libenter e il monitoraggio intorno all’impiego sui territori dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Articolo e post su Instagram sono a cura di Sophia Grew e Rossella Marvulli nostre tirocinanti del Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico”, Scuola Internazionale di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste.
I grandi investimenti del PNRR sono un’opportunità, ma senza un adeguato confronto con le comunità locali rischiano di condurre a progetti che non riflettono le esigenze della cittadinanza e dei territori.
Il 9 agosto Cittadini Reattivi era a Trieste per la conferenza stampa del Comitato #NoOvovia. Il Comitato ha ribadito la propria opposizione alla costruzione di una cabinovia a Trieste. Tale progetto riceverebbe i finanziamenti del PNRR e aumenterebbe i collegamenti in alcune zone della città, ma pone alcuni problemi di sostenibilità ambientale ed economica.
Il Comitato No Ovovia, dunque, oggi ha proposto un’alternativa: la costruzione di una rete tramviaria, integrata col trasporto pubblico locale e con le esistenti ferrovie.
Per approfondire: articolo sul sito di Cittadini Reattivi e approfondimento sulla pagina Instagram di Cittadini Reattivi.
Recovery Fund, sai come stanno usando i soldi nel tuo territorio? No, neanche noi: mancano i dati, poche le informazioni
“La mancanza di dati riguardo al Recovery Fund (PNRR) è una delle maggiori criticità che in questo momento viene attribuita al Piano di ripresa economica dal Covid”.
Non possiamo che condividere le parole di questo articolo di analisi della testata indipendente The Bottom Up che ha effettuato una prima ricerca tra i portali di enti locali e istituzionali dove annota l’autrice Francesca Neri, “la comunicazione stessa del programma del Piano sia inconsistente e inadeguata, specialmente rispetto all’importanza che tale strumento riveste per il Paese”.
Nell’approfondimento che vi invitiamo a leggere, anche una serie di interviste ad alcuni dei giornalisti e dei progetti di informazione indipendente che hanno indagato sulla mancanza di trasparenza del PNRR ad oggi, oltre all’attività di monitoraggio della società civile avviata dall’Osservatorio Civico sul PNRR e da Libenter.
Perché sull’amianto in Italia siamo tornati all’anno zero
Nell’ambito dell’Osservatorio news PNRR, curato da Cittadini Reattivi, si condivide un articolo di Rosy Battaglia, pubblicato su wired.it il 24 aprile 2022.
Lo ha ribadito il Parlamento europeo, lo confermano gli ultimi dati epidemiologici raccolti in Italia. C’è un’altra “epidemia” in atto. È quella causata dall’amianto, minerale fibroso cancerogeno, usato in edilizia e nell’industria, ritenuto per troppo tempo indistruttibile ed “eterno”. Per aver respirato le sue fibre, mille volte più sottili di un capello, disperse dentro e fuori le abitazioni, scuole, ospedali, nei luoghi di lavoro, in Europa muoiono ogni anno almeno 80mila persone. In Italia, tra il 2010 e il 2016, sono stati 4.410 decessi all’anno, secondo quanto elaborato dall’Istituto superiore di sanità (Iss), attribuibili all’esposizione da amianto, detto anche asbesto per tumori cancerogeni maligni come il mesotelioma, causato esclusivamente dall’amianto e le cosiddette malattie dette “asbesto-correlate”.
Tra queste l’asbestosi e i tumori ai polmoni e alle ovaie, a cui si aggiungono con il giudizio di “possibile cancerogenicità” i tumori della faringe, dello stomaco e del colon-retto. Malattie che non è possibile prevenire se non attraverso l’eliminazione delle fibre nocive dall’aria che respiriamo. Il lunghissimo tempo di latenza dell’insorgenza delle neoplasie, che possono manifestarsi tra i venti e i quarant’anni dall’esposizione ambientale alla polvere d’amianto, rende impossibile ogni altra forma di prevenzione. Sebbene il nostro Paese sia uno dei primi al mondo ad averlo messo al bando con la legge 257 del 27 marzo 1992, resta tuttora quello con il maggior numero di casi di mortalità ascrivibili alla fibra killer.
Un problema sottostimato
Anche in tempo di pandemia, i dati epidemiologici sono più che allarmanti e restano tuttora sottostimati, anche perché permane, come commentano gli stessi addetti ai lavori, una diffusa negligenza nelle diagnosi. Secondo i dati storici raccolti da Inail nel registro nazionale sui mesoteliomi (Renam), tumori unicamente causati dalle fibre d’amianto, che possono colpire i tessuti molli del nostro organismo come il peritoneo, la pleura e il pericardio, sono stati diagnosticati tra il 1993 e il 2018, ben 31.572 casi. Il 56,7% dei quali è concentrato in Lombardia (6653), Piemonte (5084), Liguria (3263) ed Emilia-Romagna (2873).
Ma se quasi il 70% dei casi è riconducibile a coloro che hanno lavorato in ambienti di lavoro contaminati, il 10% è stato identificato tra chi ha respirato amianto solo per aver convissuto in ambito familiare con una persona esposta in ambito professionale, oppure per cause ambientali. Mentre per il 20% l’ambito di esposizione è completamente ignota.
Inoltre, gli epidemiologi dell’Iss hanno individuato la mortalità precoce per mesotelioma come “indicatore” di esposizione ambientale all’amianto nei bambini. Tra il 2003 e il 2016 sono stati registrati 487 decessi tra gli under 50, persone residenti in 357 comuni tra i circa 8.000 esistenti, situati all’interno delle regioni a maggior rischio per la presenza sul territorio di importanti sorgenti di asbesto, come il Piemonte, la Lombardia, la Liguria e il Friuli Venezia Giulia, ma anche nuove aree potenzialmente a rischio. Individui che hanno “respirato amianto” in età pediatrica senza saperlo. Ragione già di per sé sufficiente per accelerare mappatura e bonifiche.
Tra i lavoratori maggiormente colpiti rimangono poi quelli edili, visto la presenza massiccia di amianto negli edifici costruiti prima del 1992. Un ulteriore approfondimento epidemiologico segnala come ci sia un trend crescente di mesoteliomi tra i lavoratori nel settore costruzioni, passato dal 15.8% dei casi nel periodo tra il 1992 e il 1998 al 23.9% tra il 2014 e il 2018.
Proprio il Parlamento europeo lo scorso 20 ottobre ha emesso una risoluzione che Commissione e stati membri dovranno fare propria quanto prima, a partire dalla sorveglianza epidemiologica sui lavoratori e tra tutti coloro che, per vari motivi, ne sono e ne saranno ancora a contatto. Il testo prevede il riconoscimento e indennizzo delle malattie correlate all’amianto, oltre che la verifica della presenza della fibra killer prima dei lavori di ristrutturazione energetica e della vendita o locazione di un immobile. Norme basilari, anche alla luce dell’ondata di riqualificazione degli edifici, innescata dal Green deal europeo e dal programma Next Generation Europe.
Una cosa è certa: il largo uso di amianto per l’edilizia in Italia, prima del divieto, rende la probabilità di esposizione per gli addetti alle bonifiche una preoccupazione reale ancora oggi. In particolare, per coloro che lavorano nella manutenzione e nella rimozione di vecchi edifici, senza sapere di venir a contatto con l’asbesto.
La risoluzione sottolinea, inoltre, che l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) riconosce che l’amianto è un agente cancerogeno senza un livello soglia, (basta quindi potenzialmente una singola fibra per essere esposti), mentre il regolamento Reach ha specificato che la fabbricazione, la vendita e l’uso di fibre di amianto e di prodotti contenenti tali fibre intenzionalmente aggiunte sono vietati e si dovrà garantire la completa eliminazione dei prodotti di amianto, dagli stati membri, a decorrere dal 1° luglio 2025.
La mappa dei siti contaminati che non c’è
L’amianto, quindi, non è solo una pesante eredità del nostro passato industriale, ma resta un dramma dei giorni nostri che ricade e ricadrà anch’esso, sulle spalle delle nuove generazioni. La diffusione della fibra minerale cancerogena, infatti, sembra ancora più estesa di quanto non avevamo scritto nel 2015, nell’inchiesta di Wired Italia Il prezzo dell’amianto. La mappatura dei siti contaminati, indispensabile per identificare le aree da bonificare con la massima urgenza tra cui scuole, ospedali, caserme, rimane ancora incompleta o non accessibile per i cittadini, le associazioni delle vittime e i giornalisti.Articoli più letti
Secondo i calcoli della direzione prevenzione del ministero della Salute, per bonificare in un anno gli oltre 23 milioni di tonnellate da amianto, quantificate nel 1992, occorrerebbero circa un milione e 700mila operatori. Mentre attualmente gli addetti alle bonifiche in Italia sono meno di 30mila. Come a dire che, di questo passo, ci vorranno ancora tra i sessanta e cento anni per completare le bonifiche nel nostro Paese. Hai informazioni che vuoi condividere con noi in modo sicuro? Usa WiredleaksI dati che mancano
A oggi, le stime ufficiali riportate nelle sezioni del sito web del ministero della Transizione ecologica (Mite), sia quella dedicata ai siti contaminati di interesse nazionale (Sin) che quella dedicata al Piano nazionale amianto (Pna), varato nel 2012 e mai messo davvero in pratica, parlano ancora di 108mila siti contaminati e solo 7.905 siti bonificati al 30 dicembre 2020. Eppure già nel 2018 Legambiente con il rapporto Liberi dall’amianto era riuscita a quantificare, proprio dai dati ottenuti mediante dei questionari somministrati alle stesse regioni, una stima di 370mila siti contaminati, pari circa a 57 milioni di metri quadrati di coperture di cemento-amianto.
Dati che dovrebbero essere comunicati puntualmente dalle amministrazioni regionali al Mite il 30 giugno di ogni anno. Ma, mentre alcune regioni, come il Piemonte, hanno reso disponibili i dati in formato open data e geolocalizzato, in alcuni casi non sono mai stati aggiornati negli ultimi 5 anni, come per la Lombardia che pure da sola aveva quantificato, già nel 2013. Circa 149mila siti. Solo parzialmente, quindi, i cittadini possono reperire informazioni sui siti delle regioni, delle agenzie regionali per l’ambiente (Arpa) e del proprio comune di residenza, nell’attesa che il nuovo portale Info amianto pa, avviato nel 2020 dal Mite venga reso disponibile e aperto alla consultazione.
Secondo Nicola Pondrano, già presidente nazionale del Fondo nazionale vittime amianto e responsabile della sezione previdenza dell’Associazione familiari e vittime dell’amianto di Casale Monferrato, come riferito recentemente in audizione al senato, una stima reale, conteggiando tutti gli immobili industriali, potrebbe essere, circa un milione di siti contaminati.
Giustizia non è ancora stata fatta sul caso eternit
In alcuni dei dieci siti di interesse nazionale per amianto, le aree più contaminate d’Italia a causa del loro gravissimo inquinamento ambientale e alle ricadute certe sulla salute delle popolazioni che vi abitano, le bonifiche sono in corso, a carico dello stato. A Casale Monferrato, sede della Eternit, il più grande stabilimento d’Europa di cemento amianto, che ha perso migliaia di cittadini a causa del mesotelioma, ben il 75% delle coperture è stato bonificato. E al posto della fabbrica della morte, dal 2016, c’è il Parco Eternot. La città avrebbe dovuto completare le bonifiche, però, entro il 2020. Bonifiche che in ogni caso sono state più veloci della giustizia.
Tuttora, infatti, è in corso alla Corte di cassazione di Novara, uno dei processi Eternit Bis, che vede sul banco degli imputati il magnate svizzero Schmidheiny, patron della multinazionale, per la morte di 392 cittadini e lavoratori di Casale Monferrato. Procedimento avviato nel 2015, dopo che, un anno prima, la prescrizione aveva invalidato il primo processo per disastro innominato con 2889 parti lese. È invece dello scorso 6 aprile la sentenza di condanna per omicidio colposo in primo grado, a suo carico, per un solo lavoratore, deceduto a causa del mesotelioma per l’Eternit di Bagnoli (Napoli), dove esisteva un’altra sede dello stabilimento, così come a Cavagnolo (Torino) e Rubiera (Reggio Emilia).
Lo scheletro della Fibronit di Bari non esiste più
A Bari, lo scheletro della Fibronit, copertina dell’inchiesta Il prezzo dell’amianto, è stato abbattuto. Finalmente, come abbiamo appreso dal Comitato cittadino Fibronit, verranno avviati i lavori per la realizzazione del “Parco della rinascita”, intitolato alle vittime.
A Broni, in Lombardia, minuscola cittadina della provincia pavese, ma con la più alta incidenza di mortalità per mesotelioma d’Italia, cinquanta vittime all’anno per poco più di novemila abitanti nel 2021, è stata completata la messa in sicurezza dello stabilimento Fibronit. Oltre altri due importanti poli contaminati, quali l’ospedale e il polo scolastico Biffi. Solo qualche anno fa, i ragazzi si recavano ancora a scuola nelle aule ricoperte d’amianto. Bologna, invece, a causa dell’inquinamento da asbesto alle Officine Grandi Riparazioni, di proprietà di Ferrovie dello Stato, è stata anch’essa riconosciuta come sito di interesse nazionale. Ma le bonifiche devono ancora iniziare.Il 28 aprile, la giornata mondiale per le vittime dell’amianto
Ma pur accelerando la rimozione dell’amianto e superando il conflitto di competenze tra stato e regioni, Asl, Arpa e Inail, comuni, industrie, privato e pubblico, a tutt’oggi rimane irrisolto il nodo delle discariche autorizzate. Secondo i dati riportati da Ispra sono solo 19 le aree in grado di ricevere rifiuti contaminati, meno di una per regione. E il modello “Casale Monferrato” dove la discarica è di proprietà del comune e i cittadini possono conferire anche in autonomia la “micro-raccolta”, purtroppo non è stato replicato.
Il quadro sommario fin qui raccolto ci riporta alle motivazioni per cui Wired aveva raccolto su Change.org oltre 70mila firme, chiedendo trasparenza al governo intorno all’amianto. Che cosa stanno facendo le istituzioni? Mentre scriviamo, la bozza di riforma della legge 257/1992 elaborata dalla commissione presieduta dal magistrato Raffaele Guariniello, presentata a giugno del 2020 al ministero dell’Ambiente è rimasta, insieme al Piano nazionale amianto varato nel 2012, lettera morta. Il 28 aprile sarà la giornata internazionale dedicata alle vittime dell’amianto. Il disegno di legge che ne chiede l’istituzione ufficiale nel nostro Paese è ora in discussione al Senato. Di certo, però, non potrà restare, ancora una volta, una mera ricorrenza.
Da oggi LIBenter ospita l’Osservatorio news PNRR
L’Osservatorio PNRR che si inaugura oggi ha l’obiettivo di aiutare a valutare quali siano le reali ricadute del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza sui territori.
Seppure la pandemia e il contesto di un conflitto nel continente europeo coprano il flusso delle informazioni mainstream, crediamo che sia possibile avere una rappresentazione di ciò che sta succedendo al proposito, attraverso il monitoraggio dell’informazione locale e delle segnalazioni delle comunità attente alla tutela della salute, dell’ambiente e della legalità.
L’Osservatorio sarà alimentato periodicamente grazie al contributo di Cittadini Reattivi, partner di LIBenter e gli articoli saranno raccolti nella sezione “risorse” del sito di LIBenter.